Cambogia. 2011.
In Cambogia quelle che un tempo erano trafficate stazioni ferroviarie oggi sono edifici decontestualizzati, a volte addirittura privi sia di vie di accesso che di rotaie.
Sereni guardiani abitano questi luoghi isolati, nell’attesa di tornare ai campi per la stagione della raccolta del riso.
Queste strutture si stagliano solitarie e prepotenti in campagne sterminate oppure spuntano dalle baracche che durante gli anni di abbandono sono sorte lungo i binari.
Le biglietterie desolate impongono una riflessione tra il via-vai del passato e il vuoto del presente.
I bombardamenti americani, nel 1969, hanno inaugurato 30 anni di guerra: tutte le infrastrutture del paese ne hanno pagato le conseguenze.
La Cambogia è l’unica interruzione per un ipotetico viaggio in treno da Singapore all’Europa.
Nel 2009 è incominciata la ricostruzione dell’intero network ferroviario ad opera di Tso (France) e Toll (Australia).
Cinque metri a destra e cinque a sinistra dei binari sono stati bonificati da mine antiuomo ed ordigni inesplosi per permettere i lavori di riabilitazione della rete.
Oltre quella linea immaginaria e crudele ci sono le vite di migliaia di persone su uno dei territori più minati al mondo.
I contadini improvvisano “ponti” con qualsiasi tipo di materiale, per permettere ai loro mezzi di poter attraversare questa nuova e ingombrante presenza.
E’ ancora possibile vedere, su brevi tratte, aggirarsi qualche bamboo train (oggi con motore diesel), caratteristico mezzo di trasporto figlio del periodo post-Khmer Rouge.
Dopo gli anni del genocidio cambogiano (1975-79) nelle campagne la miseria era tale che l’unico modo per muoversi e trasportare le merci verso la città era una barella di legno poggiata su rotaie, spinta per mezzo di una lunga canna di bamboo.
Nella disarmante precarietà del presente, questo è un passo verso il futuro.